I bambini che fanno i capricci per entrare nei musei: la lezione della Finlandia



I bambini che fanno i capricci per entrare nei musei: la lezione della Finlandia ultima modifica: 2016-09-07T16:45:53+00:00 da Camilla Montella
Gentile Ministro della Cultura,

sono andata a Helsinki con la mia famiglia quest'estate e ora le spiego come sono organizzati i musei là. Perché, sa, c'è entrato anche mio figlio di 5 anni e alla fine ha fatto un capriccio epico perché non voleva uscire.

Intanto i minori non pagano. Cioè, nulla proprio, non è che hanno solo un pidocchiosissimo sconto.

 

Museo di Arte contemporanea Kiasma


Primo piano, mostra di Choi Jeong-Hwa. La prima sala – dico la PRIMA – è una grande stanza con delle costruzioni per bambini ispirare al lavoro dell'artista. I genitori possono guardare un video su Jeong-Hwa, mentre i figli si spaparanzano per terra  a giocare con oggetti a incastro che poi li aiuteranno a capire le installazioni che vedranno.


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Le altre sale sono sapientemente divise tra quelle classiche “don't touch” e quelle in cui ci sono delle opere che si possono toccare o addirittura in cui si può entrare. Chieda a mio figlio del “grande porcello con le ali”, gli chieda com'è stato divertente giocare a nascondino nell'installazione con gli oggetti che calavano dal soffitto, gli chieda se ha imparato a tenere le mani dietro la schiena quando c'è il simbolo di non toccare.


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Il piano superiore invece si apre con una sala enorme con tre tende indiane fatte con milioni di fili colorati. L'unica regola è togliersi le scarpe, per il resto si può andare ovunque e toccare tutto. Sotto le tende ci sono strumenti musicali da provare e cuscini su cui sedersi per ascoltare gli altri suonare. Chieda a mio figlio quanto ci ho messo a schiodarlo da lì. E gli chieda se adesso sa cosa sono le tende degli indiani. Chieda anche se il resto dell'esibizione lo ha annoiato o se la prima sala lo ha aiutato ad apprezzare anche le altre.


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Va bene, gentile Ministro, fare tutto questo con l'arte contemporanea è più facile che con una mostra sulle Madonne barocche, questo glielo concedo. Ma perché non si fa ALMENO per l'arte contemporanea? Cioè, fare girare tutto attorno ai bambini e ai ragazzi e non solo dare un paio di schede formative alla fine o far colorare una fotocopia coi pastelli a cera. Conti che sul sito del Kiasma la foto principale della home page è un papà con due bambini nel museo. Tanto per far capire quanto è importante.


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Chi non ha figli ci andrà lo stesso, semplicemente salterà la sala delle costruzioni (forse). Chi li ha ci si fionderà, sia perché può fa imparare qualcosa ai figli (gratis), sia perché finalmente può vedersi un museo senza doversi organizzare con tate e nonni.


Per non parlare, argomento che dovrebbe far parte del suo lavoro, di quello che porterà tutto questo al nostro futuro. Non devo spiegarle certo io il valore di far entrare un bambino o un ragazzo in un museo e quanto di buono porterà all'uomo che diventerà.


Ho raccontato del Kiasma, ma avrei potuto dire la stessa cosa del museo del design di Helsinki: siamo andati anche lì. Mio figlio in due ore passate dentro ha sbuffato solo quando sono stata venti minuti nello shop, ma si sa, son maschi...


Ecco, già che in questi giorni siete tutti in fermento per il Fertility Day, volevo dirle che da noi i bambini nei musei sono importabili, perché, scusi il francesismo, si stracciano le palle. Così finisce che se li perdono e che ci vanno poco pure i genitori.

Assumete esperti che pensino a come impostare mostre e musei per i bambini, ma veramente però, nel profondo, non limitandosi a fornire qualche percorso didattico per le scuole. Copiate dall'estero, rivoluzionate i percorsi, sradicate qualche porta e pestate qualche piede a vecchi tromboni che storcono il naso in nome di un concetto di arte “superiore” e immacolata, tanto ristretta che finirà per morire.

E fateli entrare gratis 'sti ragazzi, ma fino a 18 anni, che sono tutti soldi che torneranno sotto forma di qualità di uomini che diventeranno.

Cordiali saluti,

Una Mamma Rock

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