A New York la direttrice ha comunicato la sua scelta con una lettera alle famiglie, nella quale però ha specificato che il tempo “risparmiato” non deve essere passato davanti alla tv o ai videogiochi, ma in compagnia della famiglia e di un buon libro di lettura.
“Gli effetti negativi dei compiti a casa sono stati ben consolidati da studi”, ha scritto la preside, “causano frustrazione, stanchezza, mancanza di tempo per altre attività, sottraggono tempo per la famiglia e, purtroppo per molti, la perdita di interesse per l’apprendimento”. Alcuni genitori hanno apprezzato la nuova linea, altri hanno minacciato di ritirare i figli che, in questo modo, "rimarrebbero indietro nei confronti dei coetanei che studiano anche a casa".
Anche in Italia cominciano a spuntare idee simili. E’ il caso dell’istituto comprensivo “Salvemini” di Taranto, dove la preside, Ida Iannelli, per le ultime vacanze di Natale ha deciso di non dare agli alunni nessun compito a casa.
Non solo. Il preside Maurizio Parodi con alcuni colleghi e genitori ha lanciato la campagna “Basta Compiti”, che conta già 3mila adesioni (Clicca qui per leggere la petizione e chi ha aderito). Secondo loro “sono inutili. Le nozioni ingurgitate attraverso lo studio domestico per essere rigettate a comando con interrogazioni e verifiche hanno durata brevissima: non “insegnano”, non lasciano il “segno”; dopo pochi mesi restano solo labili tracce della faticosa applicazione”.
In Italia poi i compiti a casa sono soffocanti. Secondo l’Ocse gli studenti italiani sono tra i più sovraccaricati con circa, contro una media di 4,9 ore.
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